lunedì 28 gennaio 2013

GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO: II PARTE


La dipendenza dal gioco (Gambling)


Il giocatore dipendente (gambler) è un appassionato al gioco che ha perso il controllo del suo impulso al gioco, per cui la sua passione volontaria si è trasformata in una necessità irrefrenabile.
La dipendenza dal gioco è l’unica dipendenza legale senza uso di droghe riconosciuta ufficialmente dalla psichiatria americana come un’alterazione psichica originata dal disturbo del controllo degli impulsi.
La dipendenza dagli impulsi consiste, pertanto, in un impulso incontrollato che è accompagnato da una forte tensione emotiva e non si lascia influenzare dal pensiero riflessivo. Quando il dipendente si abbandona al gioco, attraversa un momento di sommo piacere che può raggiungere il livello della sbornia o dell’estasi, causata dalla sensazione che il tempo si sia fermato e dal fatto che il soggetto esce da se stesso per entrare in uno stato di coscienza particolarmente alterato.
L’impulso a giocare del gambler acquista un andamento progressivo e, a questo ritmo, il senso di colpa si nasconde dietro le razionalizzazioni, i ragionamenti apparentemente veri e ingannevoli. L’autoinganno si verbalizza in svariate forme: “Giocherò solo fino a tale ora e a tale momento”; “Dato che sto vincendo, devo continuare…devo approfittare della fortuna”; “Ora che sto perdendo non devo smettere…devo rifarmi”; “Non giocherò più”.
Se il giocatore dipendente perde, tenta di continuare il gioco per riguadagnare i soldi persi, e, se vince, continua a giocare perché sente che è il suo giorno fortunato. In generale, il gambler aumenta il piatto più dopo aver perso, che dopo aver vinto, influenzato dal desiderio di recuperare il denaro.
Quando il gambler tenta di rinunciare al gioco e di resistere all’impulso a giocare, cade in preda ad un profondo malessere in forma di ansietà o di irascibilità, associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento che possono culminare in un atto suicida, preceduto o no da una sintomatologia depressiva.
Lo stimolo che può scatenare l’impulso al gioco può essere un fattore esterno o circostanziale, come il luogo, l’ora o la situazione, oppure può essere un fattore interno o personale di tipo affettivo o cognitivo. In entrambi i casi, il gambler arriva alle stesse conclusioni: “Oggi mi sento fortunato, è il mio giorno”.
La base biologica della dipendenza da gioco va dalla iposerotoninergia, indice di mancanza di controllo nel comportamento, alla ipernoradrenergia, che è implicata a sua volta nella frenesia piacevole e nella sindrome di astinenza o di protesta personale.
Non esiste un profilo di personalità specifico particolarmente predisposto alla dipendenza dal gioco, bensì alcuni tratti che coincidono più o meno con quelli osservati in altri tipi di dipendenza, quali la mancanza di autocontrollo (responsabile di comportamenti impetuosi ed impulsivi), la bassa autostima e gli elementi che costituiscono la personalità limite, narcisistica e antisociale. Inoltre, il sovraccarico di stress, la sensazione di solitudine e la difficoltà di concentrare la propria attenzione sono fattori caratteriali o situazionali che, venendo meno la capacità di autocontrollo, facilitano l’insorgenza di tale dipendenza.
Il giocatore d’azzardo patologico presenta spesso la tendenza ad avere idee suicide e ad associare il gioco ad altre forme di abuso come il ricorrere a droghe e alcol.

Sintomi del giocatore d’azzardo "patologico"



Premesso quindi che si tratta di una malattia, le persone affette dal disturbo del gioco d’azzardo patologico presentano una serie di sintomi suddivisibili in:
 
·         sintomi fisici
disturbi alimentari, mal di testa, insonnia, ansia, palpitazioni e tremori 
·         sintomi psichici
ossessione, nervosismo, sensi di colpa, impulsività 
·         sintomi sociali
isolamento, incapacità a gestire il denaro, liti famigliari, problemi lavorativi

Giocare per soldi è il modo più comune di concepire il gioco d’azzardo.
E’ stato ad esempio evidenziato come nei periodi di diffuso benessere ed ottimismo ci si rivolga ai giochi d’azzardo per rispondere ad un bisogno di tipo ludico, di distrazione, di divertimento mentre nei periodi di difficoltà si rivolga al gioco per compensazione: sperando in una vincita che appiani i problemi o possa realizzare un sogno. Nei periodi di diffusa incertezza rispetto a se ed al futuro come quello che stiamo vivendo, invece ci si rivolge al gioco d’azzardo per trovare un “luogo di regressione”, di distacco, un’oasi in un deserto di relazioni e di prospettive : un “luogo” dove si mettono tra parentesi i problemi della quotidianità, le frustrazioni. Un luogo dove ci si appella, si sfida, si corteggia il caso e se questo ci premia ci possiamo sentire scelti e se questo non ci premia è sempre possibile rifarsi.

Dal vizio alla dipendenza: caratteristiche del gioco d’azzardo patologico



Per cominciare ad individuare gli indicatori della patologia da gioco, è estremamente importante chiarire innanzitutto la necessità di operare una distinzione tra giocatori d’azzardo e giocatori patologici . Per molte persone, infatti, numerosi giochi d’azzardo tra quelli elencati sono piacevoli passatempi, in taluni casi occasionali e in altri abituali, ma anche in quest’ultimo caso non significa che il gioco sia necessariamente patologico, dal momento che non è la quantità il fattore discriminante del problema. 
Il giocatore compulsivo si pone lungo un continuum che conta diverse tappe dai confini spesso sfumati che vanno dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il gioco d’azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita.
Lungo il continuum tra gioco d’azzardo ricreativo e gioco patologico, in relazione alle motivazioni che sembrano determinare e accompagnare il gioco d’azzardo, sono state distinte le seguenti tipologie di giocatori (Alonso Fernandez F., 1996, Dickerson M., 1993):
  1. il giocatore sociale che è mosso dalla partecipazione ricreativa, considera il gioco come un’occasione per socializzare e divertirsi e sa governare i propri impulsi distruttivi;
  2. il giocatore problematico in cui, pur non essendo presente ancora una vera e propria patologia attiva, esistono dei problemi sociali da cui sfugge o a cui cerca soluzione attraverso il gioco;
  3. il giocatore patologico in cui la dimensione del gioco è ribaltata in un comportamento distruttivo che è alimentato da altre serie problematiche psichiche;
  4. il giocatore patologico impulsivo/dipendente in cui i gravi sintomi che sottolineano il rapporto patologico con il gioco d’azzardo sono talvolta più centrati sull’impulsività e altre volte sulla dipendenza.
Un giocatore veramente dipendente è una persona in cui l’impulso per il gioco diviene un bisogno irrefrenabile e incontrollabile, al quale si accompagna una forte tensione emotiva ed una incapacità, parziale o totale, di ricorrere ad un pensiero riflessivo e logico. L’autoinganno e il ricorso a ragionamenti apparentemente razionali assumono la funzione di strumenti di controllo del senso di colpa e innestano ed alimentano un circolo autodistruttivo in cui se il giocatore dipendente perde, giustifica il suo gioco insistente col tentativo di rifarsi e di “riuscire almeno a riprendere i soldi persi”, se vince si giustifica affermando che “è il suo giorno fortunato e deve approfittarne”, sottolineando una temporanea vittoria che supporta, attraverso una realtà vera ma alquanto instabile e temporanea, questa affermazione interiore o esteriore.



Lo stato mentale di un giocatore patologico è pertanto estremamente diverso da quello di un giocatore anche assiduo non patologico e si caratterizza per il raggiungimento di uno stato similare alla sbornia, con una modificazione della percezione temporale, un rallentamento o perfino blocco del tempo, che nasce da una tendenza a raggiungere uno stato alterato di coscienza completamente assorbiti, fino ad uno stato di estasi ipnotica, dal gioco. Talvolta questa condizione della mente è favorita da un reale consumo di alcolici o di altre sostanze, associato al gioco, che alimenta la perdita di controllo della propria condotta.
Per chiarire le caratteristiche diagnostiche del gioco patologico, è molto importante altre sì distinguere il “vizio del gioco ” dalla “malattia del gioco ”, sottolineando anche che spesso esiste una tendenza ad usare il primo termine per designare impropriamente comportamenti patologici. La distinzione è estremamente importante perché permette di individuare una delle caratteristiche fondamentali del gioco d’azzardo patologico, disturbo siglato in psichiatria G.A.P.: la perdita di controllo sul proprio comportamento, che invece nel vizio è un comportamento volontario, che può essere controllato ed eventualmente interrotto da una persona che, tuttavia, lo mette in atto con volontà e consapevolezza delle connotazioni negative attribuite ad esso da un punto di vista morale.
Un’altra distinzione che è opportuno fare, anche in relazione alla diversa impostazione del possibile percorso terapeutico, è quella tra “dipendenza da gioco”, ossia disturbo primario del gioco , noto anche come “compulsive gambling” o “ludopatia morbosa compulsiva”, e “gioco patologico secondario” , ossia sintomo di un’altra problematica psichica. In quest’ultimo caso, infatti, il gioco patologico può essere considerato come un effetto di un disturbo primario che deve divenire il focus della terapia. Nella “ludomania” invece spesso esistono dei problemi psicologici o psichiatrici che sono conseguenza del circolo vizioso del gioco.
In generale, secondo i criteri classificatori tradizionali della psichiatria, possiamo sintetizzare che siamo in presenza di “Gioco d’Azzardo Patologico” quando esiste un “comportamento persistente, ricorrente e disadattivo di gioco d’azzardo”, intendendo in quest’ultimo caso che il gioco è in grado di avere delle pesanti ricadute negative sulla vita personale, sociale e lavorativa del giocatore (AA.VV., 1994). I segnali di tale problema di dipendenza dal gioco possono essere più comportamenti tra quelli elencati di seguito e, in ogni caso, non riconducibili a conseguenze di altri disturbi primari:
  • eccessivo assorbimento in attività dirette o indirette (programmi di gioco, pensieri su come procurarsi denaro, ecc.) legate al gioco d’azzardo;
  • bisogno di aumentare la quantità di denaro con cui si gioca per raggiungere livelli di eccitazione desiderati;
  • tentativi ripetuti ma infruttuosi di interrompere, ridurre o controllare il proprio comportamento di gioco d’azzardo;
  • ansia o irritabilità quando si tenta di controllare o ridurre il gioco d’azzardo;
  • tendenza ad utilizzare il ricorso al gioco d’azzardo per ridurre stati affettivi negativi (colpa, impotenza, depressione, ecc.) o per fuggire a problemi;
  • tendenza a ritornare al gioco per rifarsi dalle perdite precedenti;
  • propensione a mentire sul proprio comportamento di gioco;
  • perdita reale o grave rischio di perdita, a causa del gioco d’azzardo, di una o più relazioni importanti oppure compromissione del lavoro o di opportunità scolastiche;
  • ricorso a comportamenti illegali quali furti, frodi, baro, falsificazione;
  • richiesta ad altri di denaro necessario per rimediare alla propria situazione finanziaria più o meno disperata a causa dei debiti di gioco.
Si può parlare di una vera e propria “dipendenza dal gioco d’azzardo” se sono presenti sintomi di tolleranza, come il bisogno di aumentare la quantità di gioco, sintomi di astinenza , come malessere legato ad ansietà e irritabilità associati a problemi vegetativi o a comportamenti criminali impulsivi e sintomi di perdita di controllo manifestati attraverso incapacità di smettere di giocare. Se prevalgono altri sintomi maggiormente legati al deficit nel controllo degli impulsi, il comportamento di gioco patologico impulsivo va ricondotto soprattutto ad un problema in quest’area, senza che si possa necessariamente parlare di dipendenza.

Dott.ssa I. Siena

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