lunedì 28 gennaio 2013

GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO: III PARTE


Le fasi più da vicino:il contributo di Custer


 Il giocatore patologico è sicuramente il risultato di una serie di elementi dinamici riferibili alle caratteristiche del soggetto. Tuttavia non è una semplice sommatoria tra i vari elementi che spiega il perché una persona abbia o non abbia sviluppato una dipendenza da gioco. Per la maggior parte delle persone l’evoluzione della dipendenza può essere più lenta e insidiosa.
Secondo Robert Custer esiste una suddivisione in fasi.
La prima viene definita fase vincente ed è caratterizzata dal gioco occasionale. Durante questa fase il soggetto gioca soprattutto per divertirsi ed ha la percezione di vincere con facilità e di poter smettere quando vuole.
 Sempre in questa fase il gioco si fa più frequente, aumenta l’ammontare del denaro impiegato ed anche l’ottenimento di grosse vincite. Tale fase può durare dai tre ai cinque anni ed i giocatori possono vincere più di quanto perdano. È qui che si innesca la dipendenza psicologica e il soggetto è portato a investire sempre più tempo e denaro nel gioco.
A questa fase fa seguito la fase perdente, caratterizzata da gioco solitario ed episodi di perdite, da attività di pensiero sempre più monopolizzata dal gioco e da un primo manifestarsi di coperture e menzogne. Il soggetto non riesce a smettere di giocare e diventa irritabile, agitato. La vita familiare è faticosa e il giocatore chiede forti prestiti ma è incapace di risarcire i debiti contratti. Secondo Custer questa fase dura oltre cinque anni in cui le perdite del giocatore vengono attribuite alla mala sorte. Sembra come se per essere baciati dalla fortuna sia necessario soffrire, toccare il fondo, dimostrare di meritare l’amore della dea bendata,che non potrà tradire chi le è stato fedele. Un misto di Agon (il sacrificio, la costanza e la forza) e di Alea, che alimenta l’idea magica di cui si parlava pocanzi. Il soggetto gioca sempre di più, chiede sempre più prestiti, si racconta che sarà l’ultima volta.
La sicurezza che acquisisce anche con una piccolissima vincita lo fa sentire di nuovo in gioco tanto da ricominciare tutto il ciclo per arrivare progressivamente alla fase della disperazione, in cui ha completamente perso il controllo del gioco, può provare un senso di panico e prestarsi ad azioni illegali anche contrarie ai suoi valori perché alla fine arriverà la grossa vincita che metterà tutto a posto.
La fase cruciale è quella della perdita della speranza, dove si possono trovare pensieri e tentativi di suicidio, problemi con la giustizia, crisi coniugali e divorzi. Sono frequenti momenti di profonda depressione, forte nervosismo, paura difficoltà di memoria e concentrazione, o ancora emicrania ed altri sintomi di forte stress fino a diventare addirittura una fase di astinenza con sintomi fisici correlati.
La fase critica del pensiero di Custer si articola in otto tappe che cominciano quando l giocatore decide di chiedere aiuto: sincero desiderio di aiuto, speranza, smettere di giocare, prendere decisioni, chiarirsi le idee, riprendere a lavorare, trovare una soluzione ai problemi, realizzare programmi di risarcimento. A questa fase fa seguito la fase della ricostruzione in cui si tenta di migliorare i rapporti con i familiari, un maggiore rispetto di sé, la progettazione di nuove mete.
Successivamente si entra nella fase della crescita in cui il giocatore diminuisce la preoccupazione legata al gioco, migliora la capacità di introspezione, aumenta la comprensione verso gli altri, e riprende un certo sentimento di affetto nei confronti degli altri.
Come si può quindi osservare quello del giocatore patologico è un processo lento e insidioso e caratterizzato da fasi  diverse anche se presumibilmente non obbligatorie e ineluttabili. Ciò che manca al contrario sono dati completi su soggetti che non sono poi diventati giocatori patologici per poter capire cosa spinga tali persone a fermarsi o continuare la “carriera”.
Esistono dei modelli predittivi o favorevoli al passaggio da un’attività ludica a un vero e proprio gioco problematico. Ad esempio il gioco patologico si verifica spesso in coincidenza con altri problemi comportamentali, compreso l’abuso di sostanze, disturbi dell’umore e della personalità. La comorbidità costituisce un fattore importante. Ciò che si chiedono gli studiosi è se il gioco problematico o  patologico costituisca una patologia a se stante o se sia semplicemente un sintomo di una comune predisposizione, di ordine genetico o d’altro, come ala base di ogni dipendenza.
Una differenza con i giocatori non patologici è che spesso i gambler riferiscono che i loro genitori erano a loro volta giocatori patologici indicando così la possibilità che fattori genetici o modelli di ruolo possano incidere nel predisporre poi ad un gioco compulsivo.
È opportuno ricordare come, secondo il DSM – IV, il Gioco d’Azzardo Patologico inizi tipicamente nella prima adolescenza nei maschi e più tardivamente nelle femmine.

Dalle motivazioni ai fattori di rischio del gioco


Esistono dei modelli predittivi o favorevoli al passaggio da un’attività ludica a un vero e proprio gioco problematico. Ad esempio il gioco patologico si verifica spesso in coincidenza con altri problemi comportamentali, compreso l’abuso di sostanze, disturbi dell’umore e della personalità. La comorbidità costituisce un fattore importante. Ciò che si chiedono gli studiosi è se il gioco problematico o  patologico costituisca una patologia a se stante o se sia semplicemente un sintomo di una comune predisposizione, di ordine genetico o d’altro, come ala base di ogni dipendenza.
Una differenza con i giocatori non patologici è che spesso i gambler riferiscono che i loro genitori erano a loro volta giocatori patologici indicando così la possibilità che fattori genetici o modelli di ruolo possano incidere nel predisporre poi ad un gioco compulsivo.
È opportuno ricordare come, secondo il DSM – IV, il Gioco d’Azzardo Patologico inizi tipicamente nella prima adolescenza nei maschi e più tardivamente nelle femmine.
Numerosi studi hanno cercato di individuare i fattori di rischio che predispongono a diventare “giocatori d’azzardo impulsivi” o perfino “gioco-dipendenti”, ricorrendo a tre aspetti, generalmente ritenuti in interazione fra loro:
  • ASPETTI BIOLOGICI: relativi a fattori principalmente neurofisiologici, ancora non ben dimostrati, ossia allo squilibrio che si potrebbe determinare nel funzionamento del sistema di neurotrasmettitori cerebrali atti a produrre serotonina, una sostanza chimica cerebrale, responsabile di un equilibrio affettivo-comportamentale, che nei giocatori patologici scenderebbe sotto i livelli comuni rispetto alla media;
  • ASPETTI AMBIENTALI-EDUCATIVI: inerenti sia l’educazione ricevuta e quindi l’ambiente evolutivo caratterizzato da situazioni problematiche e da una tendenza a stimolare e ipervalorizzare le possibilità di felicità legate al possesso del denaro, sia la presenza di difficoltà economiche legate ad esempio allo stato di disoccupazione che sembra un particolare fattore di rischio per l’insorgenza della ludomania;
  • ASPETTI PSICOLOGICI: che talvolta sembrano più connessi alla presenza di tratti di personalità lussuriosa e avara di denaro, talvolta connessi al bisogno di riuscire a dimostrare un controllo sul fato e sul caso, come simbolo del controllo sul mondo che sfugge ad una regolarità.
I giochi che sembrano predisporre maggiormente al rischio sono quelli che offrono maggiore vicinanza spazio-temporale tra scommessa e premio, quali le slot-machine e i giochi da casinò, ma anche i videopoker e il Bingo.
Le fasce più a rischio sembrano invece, tra le donne, le casalinghe e le lavoratrici autonome dai quaranta ai cinquant’anni e, tra gli uomini, i disoccupati o i lavoratori autonomi che hanno un frequente contatto col denaro o con la vendita ed un’età intorno ai quarant’anni.
Riguardo al tipo di patologia in oggetto, il giocatore deve essere superstizioso, per intima necessità, dal momento che esiste un rapporto fondamentale tra superstizione e desiderio di onnipotenza. Nella sua essenza il pensiero magico affonda le sue radici nel bisogno dell’essere umano, specie in condizioni di maggiore precarietà, di neutralizzare la penosa condizione di inadeguatezza di fronte agli elementi ultrapotenti che deve affrontare.

Dominare il desiderio di dominare il fato

Dal momento in cui il gioco d’azzardo patologico è stato riconosciuto come un vero e proprio disturbo psicologico, distinto da altre problematiche, sono stati sviluppati diversi programmi di intervento sul problema che spesso viene ormai affrontato in vere e proprie comunità di recupero. Altrettanto utili sembrano i risultati legati alla partecipazione dei giocatori a gruppi di auto-aiuto per Giocatori Anonimi, fondati su diverse tappe per l’uscita dal problema, dal suo riconoscimento, alla condivisione, ai traguardi verso l’abbandono basati sull’analisi delle tecniche di autoinganno comuni che spesso vengono più facilmente osservate nei racconti degli altri che rispecchiano i propri pensieri. Ciò che va sottolineato è che, attraverso metodi individuali, di gruppo terapeutico, di auto-aiuto o di comunità, gli obiettivi terapeutici vanno sempre centrati sulla possibilità di modificare, oltre che il comportamento di gioco, il substrato cognitivo fatto di pensieri legati all’idea che prima o poi arriverà il giorno in cui il gioco potrà cambiare la propria vita risolvendo magicamente i propri problemi.

Dott.ssa I. Siena


VEDI ANCHE:I PARTE
VEDI ANCHE:II PARTE

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