giovedì 14 febbraio 2013

SESSUALITA' II PARTE


Un po’ di storia



 

Nel 1970 Masters e Johnson, abbandonando il classico termine di "frigidità", definirono l'incapacità della donna a raggiungere l'orgasmo come "disfunzione orgasmica". Fu, quindi, Helen Kaplan nel 1974 a distinguere le difficoltà della fase di eccitazione (da lei denominate "disfunzione sessuale generale") da quelle della fase dell'orgasmo (la "disfunzione orgasmica" appunto).
In seguito, Jehu (1979) distinse nella disfunzione sessuale generale:
- una disfunzione vaso congestiva, che si riferisce alle carenze nelle risposte di lubrificazione e di vasocongestione, tipiche della fase di eccitazione;
- una insufficiente gratificazione sessuale, riguardante una carenza di esperienza soggettiva di piacere e di  eccitamento connessa alla fase di eccitazione di tipo fisiologico.
È rarissimo che il disturbo si presenti unicamente come assenza di tumescenza e/o lubrificazione, ma è quasi sempre in comorbidità con un disturbo dell'orgasmo, soprattutto, o del desiderio.
Risulta, così, più utile tenere in considerazione, definendo il disturbo, anche la sensazione soggettiva di eccitamento sessuale e non solo quella oggettiva.

Confrontando le differenze

Quando si parla di disturbi sessuali si fa riferimento ad uno o più comportamenti sessuali disturbati, disadattivi, comportamenti cioè che, per vari motivi, non consentono il raggiungimento esclusivo del piacere, scopo del rapporto sessuale. Alcuni dei disturbi della sessualità possono avere una causa organica in quanto dipendono da malattie di competenza medica, anche se, molte volte, sulla base organica si innestano problematiche di natura psicologica tanto che solitamente trattasi di patologie miste che nella pratica clinica richiedono la collaborazione tra psicoterapeuti, urologi e ginecologi.
Altri disturbi, invece, sono esclusivamente psicosessuali e hanno a che fare con il funzionamento cognitivo (ragionamenti, pensieri, immagini, aspettative) emozionale e comportamentale.
Un problema che investe la sfera sessuale di una persona, però, non è sempre da considerare un disturbo. Occorre valutare alcuni aspetti fondamentali quali il disagio che il problema o l'anomalia causano a livello interpersonale. In assenza di questo requisito il problema non può essere definito una disfunzione sessuale.
Prima di presentare i vari disturbi psicosessuali può essere utile cercare di comprendere i meccanismi che portano all'instaurarsi ed al successivo mantenimento di una disfunzione sessuale. A tal fine cerchiamo di immaginare il comportamento di una donna e di un uomo mentre stanno facendo l'amore il cui scopo, di base, dovrebbe essere il raggiungimento del piacere in modo esclusivo. Entrambi i partner dunque cercano solamente il piacere e non un piacere a condizione di qualcos'altro, inoltre, il piacere ricercato da entrambi per essere completo non può ridursi solamente a quello di tipo orgasmico, ma allargarsi a tutta una gamma di percezioni piacevoli, tra cui il guardarsi, l'annusarsi, il toccarsi, dove sono coinvolti i sensi interni ed esterni. Se a ciò ognuno dei partner aggiunge anche i suoi pensieri, immagini aspettative ed emozioni, ovviamente positive, l'esperienza del piacere diventa allora un'esperienza integrata in cui non c'è spazio  per confronto, manipolazione e competizione che riducono, se non distruggono il piacere esclusivo.
Il rapporto sessuale consiste in un'esperienza integrata, in cui si mescolano tra loro elementi  cognitivi, emozionali e comportamentali, e tale esperienza deriva in parte dalla nostra struttura biologica e in parte da esperienze sviluppate in base all'educazione ricevuta (casa, scuola, parrocchia). Pertanto gran parte di ciò che avviene durante il rapporto sessuale non è casualità o pura improvvisazione, ma comporta pensieri, conoscenze, abilità sociali che sono state apprese durante un percorso caratterizzato da alcune esperienze significative che si sono verificate soprattutto durante l'età evolutiva.
Prima del 1970 tutti i disturbi sessuali erano divisi in due categorie di base: impotenza e frigidità. Oggi si diagnostica invece una vasta gamma di disturbi che per loro caratteristiche si possono raggruppare in cinque categorie.
La prima, grande categoria fa riferimento alla dinamica processuale del rapporto sessuale dove due partner si incontrano per una piacevole esperienza integrata, secondo la modalità  sopra descritta. Vedremo infatti come buona parte dei disturbi sessuali tra i più diffusi si relaziona alle varie fasi che compongono l'esperienza del rapporto sessuale visto processualmente come qualcosa che ha un inizio ed una fine tra loro collegate.
Dal punto di vista fisiologico si conviene (Master, Johnson, Kaplan) a vedere il rapporto sessuale come un processo caratterizzato da cinque fasi temporali (curva di Master e Johnson della risposta sessuale), tutte necessarie per "fare bene l'amore".
  • La prima di queste riguarda il desiderio (fase appettitiva), purtroppo spesso trascurato quando si fa l'amore contro voglia o per far piacere a qualcuno.
  • La fase appettitiva è seguita da quella dell'eccitazione, effetto del desiderio che, con il passare degli anni, diventa sempre più l'effetto fisiologico di opportune stimolazioni.
  • La fase dell'eccitazione corrisponde all'erezione nel maschio e alla lubrificazione vaginale nella femmina.
  • All'eccitazione segue poi, nella dinamica del rapporto, la fase del plateau che consiste in uno stato di massima eccitazione.
  • La fase successiva a quella della massima eccitazione è quella orgasmica che comporta l'attivazione automatica di processi muscolari, là dove le precedenti fasi si caratterizzavano per l'attivazione di processi vascolari. L'orgasmo è una risposta riflessa raramente controllata.
Nella donna i meccanismi non sono così fisiologicamente chiari come nell'uomo e spesso l'orgasmo viene scambiato con il palateau. D'altra parte dobbiamo considerare che il primo studio sull'orgasmo femminile in laboratorio risale appena alla fine degli anni Cinquanta!
La quinta ed ultima fase del rapporto sessuale è quella della risoluzione che per l'uomo si allunga con l'aumentare dell'età tanto che, per fare un esempio, se a 30 anni può essere di mezz'ora a 80 si dovrà attendere anche 24 ore prima di essere pronti per un nuovo rapporto sessuale.

Dott.ssa Ivana Siena

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