martedì 29 gennaio 2013

GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO: IV PARTE


La famiglia del gambler



La famiglia esiste in tutti i popoli ed è esistita in tutte le epoche; vuol dire che rappresenta tutto sommato un bene comune probabilmente con una base biologica in tutti gli esseri umani, quindi se si è evoluta nella struttura con cui noi la conosciamo, al di là poi delle differenze culturali, ha sicuramente una funzione nella capacità della nostra specie di riprodursi e di andare avanti nella storia. Voi sapete che i meccanismi familiari hanno due possibilità: la prima possibilità è quella di far saltare la famiglia, ci sono dei sistemi disastrosi all’interno delle famiglie che poi la fanno saltare…il gioco può servire da leva per far saltare una famiglia; viceversa ci sono però degli strumenti, dei meccanismi, all’interno della famiglia che permettono di rinsaldare la famiglia stessa e anzi di utilizzare le forze all’interno di questa famiglia per permettere che funzioni meglio di quello che non sia funzionata prima. Quindi noi riteniamo che la famiglia possa essere utilizzata come risorsa a favore del giocatore e della sua cura.
I  giocatori che arrivano al momento di farsi curare, sono già in una situazione avanzata. Difficilmente si arriva in cura all’inizio della carriera di giocatore.
Di solito si tratta di  persone già in difficoltà importanti, delle persone sposate, almeno la metà ha già perso il partner perché è una situazione che si prolunga da anni e la situazione familiare è già saltata. L’altra metà ha ancora un partner, però gran parte di questi si deve considerare in grosse difficoltà, uno dei due partner sta pensando sicuramente da qualche tempo di lasciare il partner giocatore. È da considerare però il fatto che nella famiglia non esiste soltanto il partner ma esistono anche i genitori, esistono anche i figli.
Alcune teorie sostengono che il giocatore d’azzardo che poi diventerà patologico è una persona che in una qualche parte nutre dei sentimenti di insicurezza dentro di sé, non sa mai bene a chi appartiene, chi è, si sente incerto della propria funzione sociale. Non è questa soltanto la ragione del fatto per cui uno può a un certo momento scegliere il gioco d’azzardo per poter trovare una strada per trasformare sé stesso, però è sicuramente uno degli elementi che entrano in linea di conto.
I giocatori d’azzardo patologici, sono pieni di risorse, sono delle persone anche generose, quando hanno qualcosa da condividere con gli altri lo fanno anche volentieri. Il momento acuto della crisi è un momento diciamo di passaggio, che permette loro di cambiare, però sostanzialmente spesso sono delle persone con un carattere di questa natura.
Il coniuge
Nel ciclo di cui si parlava prima, una volta arrivati alla fase della perdita della speranza comincia ad insorgere una barriera tra giocatore e coniuge. Comincia una barriera perché è facile parlare dei successi e delle cose buone che si sono fatte, è molto più difficile parlare delle prime perdite, delle cose che non vanno, di quello che viene a mancare, qui si copre quindi qualche cosa di cui il coniuge non è a conoscenza, proprio perché il ragionamento del giocatore d’azzardo è quello di dire "io sto zitto per intanto su questa faccenda perché tanto sono qui vicino a capire che cosa succederà e quindi non ho bisogno di dirlo adesso, casomai lo dirò dopo quando avrò coperto quello che manca".
Tutto questo va avanti per un certo periodo, il problema è che il coniuge un giorno o l’altro avrà la rivelazione di quello che sta davvero succedendo e quindi gli crolla a volte il mondo addosso, scopre che quelle che erano delle capacità che immaginava il coniuge avesse, in realtà non erano delle capacità. Ci sono delle telefonate per esempio di creditori, ci sono dei buchi dei conti correnti con tutte le piccole trucchi che ci sono e non sto qui a raccontarvi, delle ricevute falsificate con fotocopie, ci sono mille sistemi per nascondere le cose, debiti e protesti, dove ci sono dei debiti che non sono stati pagati, arriva addirittura l’intervento della polizia.
È facile pensare come in questo momento,  la famiglia cominci ad avere la crisi, un momento di crollo, cioè una certezza da parte di uno dei partner crolla, ma spesso non crolla la certezza del giocatore, il quale di solito cerca di calmare il coniuge che non gioca. Tuttavia deve entrare in una certa accettazione di regole. Il coniuge che non gioca, di regola la moglie, avrà due possibilità di atteggiamento, il primo atteggiamento è quello di dire "io ti proteggo, io ti salverò". E’ una dei sistemi che esistono di proteggere una persona: quello di cedere, per esempio pagando dei debiti, dandogli comunque fiducia nel senso di accettare che continui a gestire la contabilità, dandogli delle responsabilità nel senso "se io do fiducia potrà imparare, ri-imparare a gestire le sue cose in un modo adeguato". Il secondo metodo è quello del rifiuto: "tu adesso fai esclusivamente quello che dico io. Naturalmente se un giocatore non è ancora in chiaro sulla natura del suo disturbo succederanno anche qui delle difficoltà nel senso che il giocatore comunque giocherà, comunque metterà in difficoltà il riorganizzo economico della famiglia. Nei due casi si tratta di una strategia che viene dal fatto che gli esseri umani compiono degli errori quando vogliono essere cattivi, però fanno anche degli errori quando vogliono essere buoni. Ci sono dei vari metodi per essere buoni, non c’è soltanto un metodo, si può benissimo essere accondiscendenti, essere buoni, essere gentili verso gli altri, voler aiutare, eppure con questo fare dei danni. Infatti quando il coniuge paga un debito oppure lascia perdere una situazione difficoltosa e se ne incarica,  che cosa impara il coniuge giocatore? Impara che il gioco rende, in un qualche modo rende, perché o è il gioco che ti paga la sua parte oppure sono gli altri che in fondo da una qualche parte credono che le cose possano andare avanti ancora così.
Si va avanti con una situazione estremamente complessa che mina la tranquillità della famiglia, ci sono continue ricadute, ci sono continue messe in discussione tra i coniugi, ci sono delle menzogne e c’è pian piano quello che viene chiamato il  crollo della fiducia. È proprio per questa ragione, sarebbe questo il momento opportuno per intervenire, al momento in cui queste cose incominciano a formarsi anche se nella realtà non succede mai.
E’ il crollo della fiducia quindi, il coniuge non giocatore accusa il giocatore che oramai da tempo pensa soltanto al gioco, di essere anaffettivo, di non avere più nessun sentimento né per i figli né per la moglie e di non assumersi le sue responsabilità. Il giocatore se potesse parlare liberamente saprebbe che in un certo senso è vero. Tuttavia da una qualche parte, fino a quando non tocca il fondo, ha ancora la convinzione che quello che sta facendo lo sta facendo anche per il bene della propria famiglia perché più studia, più si occupa del gioco e più si avvicinerà a quelle leggi, a quelle regole che determinano il caso e quindi gli permettono di conoscerlo, quindi è un altro modo di vedere la cosiddetta rincorsa, io sto perdendo oggi, domani invece guadagnerò perché avrò capito quello che sta succedendo alla macchina oppure alla macchina della roulette.

I figli

I figli sono evidentemente in una situazione estremamente complicata. Questi hanno, secondo inchieste americane, dei problemi grossi anche di tipo psicologico, un maggiore rischio di suicidio, maggiori possibilità di abuso di alcool, un calo di risultati scolastici, maggiori possibilità di diventare giocatori patologici e a volte sono psicologicamente abbandonati. Questo perché spesso la moglie si occupa in un modo estremamente attivo del marito giocatore e quindi i figli hanno la sensazione, che i genitori si occupino tra di loro ma trascurino loro. I figli molto spesso, quando uno dei genitori sta male cercano di essere tranquilli, di non essere una ulteriore preoccupazione in famiglia, di non essere d’intralcio al genitore che si occupa dell’altro genitore, sembra quasi che abbiano bisogno di meno presenza, di meno affetto, di meno sicurezza al loro fianco. In realtà soffrono dei conflitti dei genitori, hanno un profondo senso di insicurezza, anche perché, dipende dall’età, ma spesso i ragazzi più giovani hanno la sensazione che se i genitori sono in conflitto ci sono dei problemi, forse c’entrano anche loro e soffrono evidentemente poi al momento in cui si dovesse propendere per una separazione.
Tutto questo è un processo, è una situazione che va avanti grado a grado, tuttavia non è irreversibile, nel senso che anche il giocatore più patologico, che ha avuto dei guai anche molto grandi, può benissimo fermarsi, è  lui che decide il giorno in cui riflettere sul proprio presente, sul proprio passato e si pone delle domande sul proprio futuro. Quando non ne può più. Molto spesso questi momenti di cambiamento sono accompagnati anche da cambiamenti nel partner il quale di regola pone l’aut aut terminale. Riesce e esprimere una minaccia che intuitivamente il partner capisce che è vera. Uno dei rischi, in tutte queste situazioni conflittuali, è quello di esprimere delle minacce, io ti lascio, io non ne voglio più sapere, che però il partner sa che non sono vere, non vengono messe in atto e quindi rafforza in fondo il partner nella propria sicurezza che qualunque cosa faccia, qualunque cosa succeda, non capiterà niente a lui. Questa volta invece spesso è la situazione risentita come autentica, come vera, è lì scatta, quando c’è evidentemente, scattano i vecchi meccanismi di affezione reciproca tra due persone che recuperano anche la situazione tra i due.

La terapia

Il programma terapeutico a cui si possono sottoporre i giocatori d'azzardo patologici prevede un intervento multidisciplinare sul paziente, con lo scopo di sanare tutti gli aspetti della vita del soggetto, coinvolti negativamente dal gioco. Inizialmente è consigliabile avviare la terapia con una serie di colloqui che hanno lo scopo di costruire una motivazione al cambiamento, di gestire la resistenza e di rafforzarne l'impegno. Segue poi la fase psicoterapeutica che prevede terapie individuali, di coppia, di famiglia e di gruppo. Per quanto riguarda il trattamento, il recupero, senza dubbio faticoso, lungo e complesso, e' certamente possibile. Fondamentale è il supporto dei familiari: solo un giocatore su 20, infatti, chiede aiuto in prima persona e il problema dell’azzardo coinvolge emotivamente ed economicamente anche la famiglia. Se, infatti, è difficile prevedere chi, da giocatore saltuario, diverrà dipendente si può certamente riconoscere un denominatore comune: la sofferenza personale che spesso affonda le sue radici in situazioni familiari difficili cui il soggetto tenta in qualche modo di evadere. Inoltre, per quanto egli riesca a nascondere il problema, la sua scarsa presenza in famiglia porta effettivamente alla perdita del ruolo che è assunto da altri familiari (ad esempio, frequente è il caso di figli adolescenti che interrompono gli studi e iniziano a lavorare, cercando inconsciamente di sostituirsi al genitore giocatore).
Gli approcci che appaiono più utili prevedono terapie individuali ma anche familiari e di gruppo, promuovono gruppi di auto-aiuto, offrono un sostegno anche da un punto di vista legale. La psicoterapia di gruppo può rappresentare un valido strumento nell’affrontare le varie forme di patologia sociale. Nel caso del gioco d’azzardo patologico il giocatore scopre, partecipando al gruppo, di non essere il solo ad avere problemi, poiché riconosce le sofferenze e le difficoltà di tutta la sua famiglia e degli altri componenti del gruppo. Inoltre, il semplice confronto con ex-giocatori fa scattare un comportamento imitativo positivo, passo fondamentale per intraprendere il lungo viaggio verso la guarigione.
Nella pratica clinica si incontrano persone, famiglie di giocatori in questi momenti in cui la crisi è all’apice del suo avvenimento. È raro riuscire ad intervenire prima che il giocatore stesso non ne senta il bisogno e se ciò succede è soltanto per l’intervento della famiglia.  In cui questo modo si sostiene in quel momento il partner più debole, quello che non gioca, per poi passare anche un po’ la palla al momento in cui il giocatore va in crisi, perché in quel momento ha bisogno anche lui di essere sostenuto. Dare quindi alcuni strumenti ai familiari di cui potranno poi servirsi, in una lotta,  fatta per il bene, fatta così perché permetta poi il recupero di una persona, e anche il recupero dell’intero gruppo familiare.
Un  metodo utilizzato in alcuni centri di recupero prevede una infantilizzazione del giocatore, cioè il giocatore deve essere privato, d’accordo lui evidentemente, altrimenti non si può fare, della sua disponibilità di denaro, che vuol dire denaro liquido evidentemente, vuol dire le firme sui conti correnti, vogliono dire le carte di credito e così via. In un certo modo si cerca di responsabilizzare i familiari affinché lo facciano loro.
Un altro intervento utile, in particolare nei gruppi, è stimolare il confronto tra i coniugi. Il coniuge in fondo si sente in colpa, in fondo sente vergogna, sente anche una gran rabbia di essere stato ingannato per tanti anni in questo modo, e di essere messo poi in situazioni difficili dal punto di vista economico, psicologico, sociale. Questo viene fatto in gruppo perché chi ci si scambia delle opinioni ci si aiuta anche reciprocamente, uno si rende conto che in fondo la situazione umana è poi uguale per tutti.
La condivisione di esperienze simili ed il  parlarne diminuisce la densità delle cose e permette di imparare da come hanno fatto gli altri per imparare.
Altra cosa importante da fare è la psicoeducazione. Si tratta in realtà di una sensibilizzazione a che cosa è il gioco, anche al giocatore, non soltanto al coniuge. Si dovrebbe cercare di metterli assieme e di fare loro scuola, in poche ore, su che cosa è il gioco, su che cosa sono i problemi, non è una ma semplicemente una richiesta di informazioni sul come fare per affrontare un periodo difficile.
Molte mogli ritengono che una volta che il marito è curato non deve più ricadere. È chiaro invece che la ricaduta fa parte proprio del gioco come malattia. Ci sono dei comportamenti che a volte si ripresentano, mai così gravi come all’inizio e ciò che conta è che, se si ripresentano non creino delle difficoltà enormi e questa volta non più giustificate. In certi casi di colpo può risvegliarsi tutta l’amarezza di molti anni e per una cosa da poco. Perché sono recuperabili le ricadute se si ha una rinnovata rottura che spesso è anche una rottura che diventa definitiva.

La musicoterapia


Nel trattamento psicoterapico per giocatori d'azzardo patologici rientra come terapia complementare anche la musicoterapia. L'inserimento del suono e della musica in questo percorso di guarigione permette ai giocatori di socializzare in modo sano, di elevare il tono dell'umore, di spostare l'attenzione su altro e soprattutto di distogliersi dalla fissazione del gioco. L'obiettivo dell'intervento musicoterapico, infatti, è proprio quello di togliere i pazienti dalla trance, di aiutarli a gestire la fissazione e il forte impulso che li induce a giocare e di controllare l'irrequietezza e l'irritabilità che si manifestano nel momento in cui smettono di giocare. Il percorso completo con la musicoterapia consta di dodici sedute articolate in tre diverse sezioni: un primo lavoro individuale con il giocatore, quindi una serie di sedute di gruppo, alternate ancora ad incontri individuali, ed una fase conclusiva, probabilmente la più difficile, che prevede il coinvolgimento dei familiari nel gruppo di malati.


Dott.ssa I. Siena


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