giovedì 21 febbraio 2013

COMUNICAZIONE NON VERBALE


 Elementi di comunicazione non verbale

Quanto tempo si impiega, ad un primo incontro, a deci­dere se una persona ci è simpatica o antipatica? In tutta sincerità si può ammettere che, di solito, il verdetto viene emesso nel giro di pochi secondi. Inoltre molte persone trovano difficoltà nel ricordare il nome dell’altro appena conosciuto.
Nei primi istanti di un rapporto si è maggiormente oc­cupati ad os­servare altre cose; i sensi si attivano in ogni direzione tanto da notare, stringendo la mano al nuovo interlocutore, se ha una mano calda o fredda, se è sudata, se la sua stretta trasmette sicurezza. Ecco perché ci è difficile ricor­dare il suo nome.
La prima impressione su una persona appena conosciuta è quasi sempre sbagliata; qualche volta i sensi e le percezioni ingannano, o meglio, svolgono un ruolo che è loro proprio: un primo sondaggio della realtà sulla scorta di dati meramente emotivi. Qualsiasi approfondimento, qualsiasi dimensione di analisi viene ri­mandata ad un secondo momento dove la mente è chiamata a svolgere compiti qualitativamente più complessi e imposta processi razionali di critica sui giudizi emotivi, di confronto, associazioni e memoria.
E' anche vero che quel primo giudizio, quelle percezioni iniziali, non solo hanno pesato enormemente sull'impostazione della relazione, ma continuano ad in­fluire anche nel proseguo del rapporto: la mente umana è fatta in modo tale da andare a cercare quasi sempre  le conferme a quanto i nostri sensi hanno percepito! E' molto più faticoso il processo di revisione e/o disconferma di quelle sensazioni iniziali.
L'impatto del con­te­nuto sulla comunicazione (almeno nei primi momenti del rapporto) è assolutamente trascurabile. Questo può signifi­care che, in comunicazione, esistono delle situazioni nelle quali la forma ha un potere di impatto assai superiore al contenuto. Pertanto si può ammettere che :
Come diciamo le cose è più importante di ciò che diciamo.
La comunicazione verbale (C.V.) serve a scambiare in­for­mazioni sugli oggetti e a trasmettere la conoscenza; ma nel settore della relazione la comunicazione non verbale (C.N.V.)  ha un peso non trascurabile, anzi spesso determinante.
Ogni volta che la relazione è il problema centrale della comunicazione, la comunicazione verbale è pressoché priva di significato.
La C.N.V. è una forma di comunicazione immediata; viene dal profondo, spesso è assolutamente inconscia e proprio per questo è facile dichiarare qualcosa verbalmente ma è difficile sostenere una bugia con il corpo.
D'altra parte di deve anche notare che la C.V. ha un grado di com­ples­sità e precisione maggiore della C.N.V. Sarebbe infatti im­possibile la trasmissione di concetti astratti e complessi senza ricorrere al linguaggio verbale (o numerico), alla ver­satilità della parola; di contro, il lin­guaggio non verbale (o analogico) è assai più ambiguo e impreciso e assoluta­mente inadatto per la trasmissione di messaggi complessi.
  
1.  La Postura
La posizione del corpo che il soggetto assume durante un colloquio è altamente indicativa del proprio atteggiamento interiore. Le sensazione , le impressioni o semplicemente ciò che si vuole esprimere in un determinato evento sociale può essere celato dalle parole ma non dal proprio corpo. Qualsiasi movimento improvviso del corpo riflette sempre un cambiamento dell’atteggiamento interiore, soprattutto quando si sposta di colpo il peso corporeo.
Ciò che si è e si pensa, quindi, viene espresso attraverso il corpo e la congruenza tra il linguaggio verbale e quello corporeo riflette una coerenza mentale.
Un atteggiamento corporeo rilassato produrrà nell’altro una sensazione positiva evitando un impatto negativo.
Il significato delle singole posture non è identico per tutti; ogni persona ha un proprio codice altamente soggettivo determinato dall’esperienza personale, dalla cultura di appartenenza e dall’educazione ricevuta ed è probabile che una persona ripete la medesima postura quando gli si presenta la stessa emozione.

2.  La Gestualità
Un’altra dimensione della C.N.V. è caratterizzata dai gesti. Non tutti sono significativi, ma considerati globalmente costituiscono un messaggio rilevante.
Se parlando con un interlocutore gli si dice di essere tranquillo e rilassato con espressione accigliata e muovendo ritmicamente i piedi da seduti, il messaggio  risulterà incongruente.
Si può generalizzare sul significato dei vari gesti, ma questi, presi singolarmente, possono non voler dir niente, ma vanno interpretati insieme ad altri indicatori come la postura, la prossemica, le espressioni e nel contesto in cui si svolge l’azione.
La cosa che sembra importante sottolineare è che non solo il singolo gesto non è indicativo dell’atteggiamento della persona, ma il significato di un gesto cambia nelle diverse culture.
Ad esempio una donna asiatica tende a non guardare mai negli occhi quando parla con un superiore, soprattutto se si tratta di un uomo, perché è stata educata in tal modo. Diversamente una donna bianca è stata abituata fin dall’infanzia a parlare guardando sempre negli occhi l’altro.
Ancora, nella cultura occidentale appoggiare la gamba sul ginocchio  indica che il nostro interlocutore è decisamente rilassato.  In Medio Oriente tale gesto può essere giudicato offensivo; in Giappone, ad esempio, verrebbe considerato alquanto maleducato, l’accavallamento delle gambe in qualunque sua forma è infatti molto raro.
Questo ci dimostra che, se i gesti non vengono contestualizzati, si corre il rischio di darne una interpretazione semplicistica od errata.

3.  La Prossemica
Anche il comportamento legato alla dimensione “spaziale” (Prossemica) influenza in maniera significativa il processo comunicativo.
L’ampiezza della zona intima dipende fondamentalmente da due fattori: il proprio stato d’animo (o sicurezza) e lo “status” dell’interlocutore.
Quanto più è elevato lo status di una persona, tanto maggiore è l’ampiezza della zona intima che gli altri le riconoscono.
E’ naturale che ogni persona tende a rivendicare il proprio “territorio”; infatti, se due  persone si trovano a condividere lo stesso tavolo, ciascuna ne considera la metà come parte della sua zona intima.
E’ possibile riscontrare alcune eccezioni derivanti dalla timidezza e dal differente status dei due interlocutori.
C’è, generalmente, un rapporto diretto tra il non rispetto della zona di spazio fisico di un altro e lo stargli troppo addosso in senso figurato.
I segnali di distanziamento possono indicare il desiderio di avere più spazio libero sia in senso fisico che psicologico.

4.  Le Espressioni


L’insieme dei lineamenti facciali, del contatto oculare, della direzione dello sguardo e dei processi psicosomatici (come ad esempio l’impallidire) sono ritenuti aspetti rilevanti ed anch’essi della C.N.V.
Il volto, per la ricchezza della sua muscolatura, è la parte del corpo che più di tutte veicola messaggi non verbali con una grande varietà di sfumature. L’importanza espressiva prevalente attribuita la volto porta a trascurare durante la conversazione l’osservazione delle altre parti del corpo che hanno invece una notevole importanza ai fini della comunicazione.
Ogni singola persona ha delle espressioni tipiche e strettamente soggettive, di conseguenza solo una conoscenza approfondita dell’altro ci permetterà di attribuire un significato univoco alle espressioni.
Anche in questo caso l’aspetto sul quale focalizzare l’attenzione è la congruenza o meno tra i segnali emessi dal volto e ciò che dice l’interlocutore. A volte basta un impercettibile a sorriso a farci capire che l’altro pur dicendo di essere arrabbiato sta solamente scherzando.
Ma cosa sono le espressioni ? 
Le espressioni del viso sono il risultato di micromovimenti provenienti da:
1.    Regione frontale
2.    Regione mediana
3.    Regione del mento e della bocca
Le espressioni della regione frontale, sede di processi mentali e analitici come il pensiero, la comprensione, l’analisi e la concentrazione sono principalmente pieghe orizzontali e verticali.
Le prime indicano che l’attenzione è interamente assorbita da qualcosa.
Molto spesso questo tipo di espressione è accompagnato da altre espressioni come l’apertura della bocca o il chiudere leggermente gli occhi che stanno ad indicare rispettivamente un atteggiamento di attesa o di sorpresa, nel primo caso, e lo sforzo di capire nel secondo caso. Altre interpretazioni che vengono date a questo tipo di espressione sono il dubbio, la confusione e la paura.
Più specificamente, le pieghe verticali  indicano che l’attenzione è concentrata intensamente su qualcosa (o su qualcuno).
La regione mediana è rappresentata dagli occhi che, oltre ad essere i principali strumenti di raccolta di informazioni esterne, riflettono la nostra condizione interiore.
La stessa direzione dello sguardo può fornire informazioni sullo stile adottato dalla persona nel percepire e nel pensare.

5. La prosodia
Un altro aspetto che caratterizza la C.N.V. sono gli elementi prosodici, ossia il tono della voce il ritmo e le pause.
Il tono di una comunicazione non è semplicemente il tono di voce di chi parla (melodica o timbrica); ma l’intera costruzione della frase (interrogativa, esplorativa, imperativa..).

Il tono della voce è lo specchio del nostro stato d’animo, veicolo dell’espressione delle emozioni le quali si correlano con l’affettività di un individuo.  Si può cogliere l’emotività come una totalità affettiva o come un insieme di più sfumature tonali, quali risultano all’osservatore esterno o al soggetto che si autopercepisce.

Il ritmo deve essere “in linea” con il contesto comunicativo e di solito è meglio renderlo vario per richiamare l’attenzione o a seconda della situazione.
Le pause sono indispensabili: danno il tempo di pensare e di riflettere. Sono un segnale di rispetto per l’altro, servono a sottolineare, richiamano l’attenzione.

dott.ssa Ivana Siena

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