Così come mi vedo
Stare bene con se stessi vuol
dire stare ben con gli altri. Una delle maggiori richieste rivolte a
specialisti della psicologia è come migliorare il rapporto con gli altri, con
il partner, con i genitori, con i colleghi. La tendenza a percepire l’altro con
cui si entra in relazione come “problematico” è molto comune e racchiude
difficoltà di comunicazione per le quali non si riesce a vedere chiaramente una
possibilità di risoluzione.
Questa sensazione costante e
pervasiva ha in realtà a che fare con la percezione che si ha di sé, spesso
messa in crisi proprio dagli altri intorno che, sempre attraverso la comunicazione,
ci danno conferme o apparenti dimostrazioni di ciò che siamo. Non sempre, però,
l’immagine che gli altri ci rimandano indietro è corretta, oggettiva,
spassionata; è anzi facile che sia distorta da pregiudizi, bisogni, e tutto ciò
che necessitano di vedere in noi per esorcizzare le loro paure.
L’idea che abbiamo di noi stessi
è una costruzione molto complessa, della quale non siamo nemmeno pienamente
consapevoli ed si può racchiudere nel concetto di autostima.
L’autostima è la percezione che
si ha di sé, quella che si costruisce proprio attraverso i feedback di cui
parlavamo sopra. Si possono individuare almeno cinque importanti aree della
vita quotidiana attraverso le quali si costruisce: quella sociale, quella
scolastica/professionale, familiare, estetico-corporea, intellettivo-culturale
(la sensazione di avere delle abilità mentali ed una cultura adeguate e
valorizzate nel proprio ambiente).
Questa valutazione di sé è
dinamica e si muove nel tempo su un continuum che prevede due estremi, quello
positivo e quello negativo.
La bassa autostima aumenta il
senso di insicurezza ed inadeguatezza, la convinzione di non essere in grado di poter contare su se stessi e di essere quindi
padroni della propria vita in quanto il pensiero e, ancora peggio, il giudizio
degli altri sono fondamentali alla propria sopravvivenza emotiva. La prima cosa
di cui è importante rendersi conto è il fatto che già la semplice idea che ci
siamo fatti di noi stessi tende a condizionare il nostro comportamento in modo
tale da “autoconfermare” l’idea stessa: è il cosiddetto effetto di “profezia
che si autoavvera”. Nei casi di bassa autostima, la profezia è di tipo
catastrofico e viene quindi confermata di volta in volta dal bisogno impellente
di fare di un altro esterno il nostro punto di riferimento in quanto “Io non
sono capace da solo” di decidere, agire, pensare. Nei casi più gravi sorge una
dipendenza verso l’esterno che conferma quindi il proprio sentirsi inutili e
invisibili.
Non da meno risulta l’eccesso
opposto del continuum in cui un’alta autostima, che come dicevamo è necessaria
per star bene con se stessi e con gli altri, può diventare a suo modo un problema. Troppa sicurezza di sé, la convinzione di star facendo sempre e
comunque la cosa giusta, impediscono una visione obiettiva della realtà. Questa
modalità prevede che la persona non riesca più a confrontarsi con il mondo
esterno e ritenga di possedere una saggezza interna che non le permette di
accorgersi dei propri errori.
Non si nasce con la giusta
autostima, essa va piuttosto coltivata, curata, alimentata durante il corso
dell'esistenza. Una sana autostima permette di percepirsi in modo realistico e
di riequilibrarsi costantemente e in maniera indipendente dal giudizio altrui.
La lotta al miglioramento
continuo richiede un impegno costante nel tempo e una volontà forte di mettersi
in gioco in prima persona, lavorando sulle proprie percezioni e su ciò che le
ha radicate a partire dall’infanzia fino all’età adulta.
Una chiave di svolta importante
inoltre sta nel valore soggettivo della diversità e della differenziazione
rispetto agli altri e al mondo esterno, dove per differenziazione si intende autodefinirsi
ed individualizzarsi, per evitare la fusione relazionale e conservare
l'obiettività emotiva all'interno del
sistema a cui si appartiene.
dott.ssa Ivana Siena
Centro di Psicoterapia Familiare