sabato 23 febbraio 2013

AUTOSTIMA


Così come mi vedo
Stare bene con se stessi vuol dire stare ben con gli altri. Una delle maggiori richieste rivolte a specialisti della psicologia è come migliorare il rapporto con gli altri, con il partner, con i genitori, con i colleghi. La tendenza a percepire l’altro con cui si entra in relazione come “problematico” è molto comune e racchiude difficoltà di comunicazione per le quali non si riesce a vedere chiaramente una possibilità di risoluzione.
Questa sensazione costante e pervasiva ha in realtà a che fare con la percezione che si ha di sé, spesso messa in crisi proprio dagli altri intorno che, sempre attraverso la comunicazione, ci danno conferme o apparenti dimostrazioni di ciò che siamo. Non sempre, però, l’immagine che gli altri ci rimandano indietro è corretta, oggettiva, spassionata; è anzi facile che sia distorta da pregiudizi, bisogni, e tutto ciò che necessitano di vedere in noi per esorcizzare le loro paure.
L’idea che abbiamo di noi stessi è una costruzione molto complessa, della quale non siamo nemmeno pienamente consapevoli ed si può racchiudere nel concetto di autostima.
L’autostima è la percezione che si ha di sé, quella che si costruisce proprio attraverso i feedback di cui parlavamo sopra. Si possono individuare almeno cinque importanti aree della vita quotidiana attraverso le quali si costruisce: quella sociale, quella scolastica/professionale, familiare, estetico-corporea, intellettivo-culturale (la sensazione di avere delle abilità mentali ed una cultura adeguate e valorizzate nel proprio ambiente). 
Questa valutazione di sé è dinamica e si muove nel tempo su un continuum che prevede due estremi, quello positivo e quello negativo.
La bassa autostima aumenta il senso di insicurezza ed inadeguatezza, la convinzione di non essere in grado di  poter contare su se stessi e di essere quindi padroni della propria vita in quanto il pensiero e, ancora peggio, il giudizio degli altri sono fondamentali alla propria sopravvivenza emotiva. La prima cosa di cui è importante rendersi conto è il fatto che già la semplice idea che ci siamo fatti di noi stessi tende a condizionare il nostro comportamento in modo tale da “autoconfermare” l’idea stessa: è il cosiddetto effetto di “profezia che si autoavvera”. Nei casi di bassa autostima, la profezia è di tipo catastrofico e viene quindi confermata di volta in volta dal bisogno impellente di fare di un altro esterno il nostro punto di riferimento in quanto “Io non sono capace da solo” di decidere, agire, pensare. Nei casi più gravi sorge una dipendenza verso l’esterno che conferma quindi il proprio sentirsi inutili e invisibili.
Non da meno risulta l’eccesso opposto del continuum in cui un’alta autostima, che come dicevamo è necessaria per star bene con se stessi e con gli altri, può diventare a suo modo un  problema. Troppa sicurezza di sé,  la convinzione di star facendo sempre e comunque la cosa giusta, impediscono una visione obiettiva della realtà. Questa modalità prevede che la persona non riesca più a confrontarsi con il mondo esterno e ritenga di possedere una saggezza interna che non le permette di accorgersi dei propri errori.
Non si nasce con la giusta autostima, essa va piuttosto coltivata, curata, alimentata durante il corso dell'esistenza. Una sana autostima permette di percepirsi in modo realistico e di riequilibrarsi costantemente e in maniera indipendente dal giudizio altrui.
La lotta al miglioramento continuo richiede un impegno costante nel tempo e una volontà forte di mettersi in gioco in prima persona, lavorando sulle proprie percezioni e su ciò che le ha radicate a partire dall’infanzia fino all’età adulta.
Una chiave di svolta importante inoltre sta nel valore soggettivo della diversità e della differenziazione rispetto agli altri e al mondo esterno, dove per differenziazione si intende autodefinirsi ed individualizzarsi, per evitare la fusione relazionale e conservare l'obiettività emotiva  all'interno del sistema a cui si appartiene.

dott.ssa Ivana Siena
Centro di Psicoterapia Familiare