giovedì 11 aprile 2013

PSICOLOGIA DELL'EMERGENZA


Dentro e fuori dalla catastrofe


La Psicologia dell'Emergenza è un settore della Psicologia nato in Italia nell'ottobre del 1997, quando il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi attiva - nello stesso anno - l'intera comunità degli Psicologi italiani a seguito del terremoto Umbria-Marche.
Nata dalla Psichiatria d'Urgenza, dalla Psicologia Militare e dal Disaster Mental Health, la Psicologia dell'Emergenza si è progressivamente sviluppata fino a diventare una vera e propria disciplina con caratteristiche proprie.
Essa si occupa degli interventi clinici e sociali in situazioni di calamità.
Si rivolge a popolazioni e a singoli individui che hanno dovuto subire un evento traumatico originato da cause naturali (terremoti...) e/o dall'uomo (guerre...).

La finalità che consegue tale branca è il recupero della normalità delle popolazioni colpite o esposte all'evento traumatico, per aiutarle a riacquistare la capacità di gestire le proprie difficoltà, anche facendo ricorso a servizi psicologici predisposti.
Tra gli ambiti di lavoro dello Psicologo vi è quindi anche quello delle Emergenze, ne diviene operatore - con ruoli e mansioni proprie - a fianco e/o come supporto delle Forze dell'Ordine, della Protezione Civile, degli Operatori del pronto soccorso, dei Volontari...
Tutti gli Operatori - Psicologo compreso - quando vengono chiamati a prestare aiuto devono mettere in atto azioni al fine di migliorare una situazione difficile o alleggerire il peso di un dramma.

Pensiamo al terremoto dell'Abruzzo.
Subito dopo l'evento c'è stato bisogno di allestire un campo base, la segreteria, la mensa... e di rispondere alle continue domande che venivano poste in relazione a:
·                 quando sarebbero arrivate le nuove case,
·                 quale sarebbe stato il funzionamento della vita di campo,
·                 a chi rivolgersi in caso di bisogno,
·                 se potevano esserci persone ancora incastrate nelle proprie abitazioni...
Ci sono anche situazioni difficili in cui i superstiti chiedono dove siano finiti i familiari che, magari, durante una scossa erano in casa.
Immaginiamo oppure un incidente stradale che ha causato la morte di un ragazzo.
Come dirlo ai familiari? Come provocare il meno possibile dolore? Che parole utilizzare?

È qui che la figura dello Psicologo diviene indispensabile, poiché si occupa direttamente sia delle persone colpite sia degli altri Operatori che spesso non hanno la formazione adeguata per far fronte a situazioni difficili da gestire e - pur essendo estremamente competenti nello specifico del loro lavoro - possono avere difficoltà in tutti quei casi in cui è necessario saper comunicare bene e relazionarsi con molta delicatezza.
Allo stesso modo possono essere aiutati dallo Psicologo a gestire la propria emotività e lo stress che situazioni del genere inevitabilmente comportano.
Riassumendo, lo Psicologo opera:
·                 Prima - pianificazione degli interventi, gestione e sviluppo della formazione del personale di soccorso.
·                 Durante - organizzazione della rotazione del personale, supporto alle vittime.
·                 Dopo l'emergenza - supporto psicologico.
Si pone l'obiettivo di salvaguardare e, in alcuni casi, ripristinare l'equilibrio psichico delle vittime e dei soccorritori che abbiano vissuto eventi traumatici, di riorganizzare il tessuto sociale e facilitare il recupero della sicurezza collettiva.
Il raggiungimento di tali scopi avviene attraverso lo studio, la prevenzione e il trattamento dei fenomeni psichici e sociali determinati da un evento traumatico in soggetti o nella comunità.
La formazione del personale di soccorso
Rispetto alle aree in cui opera lo Psicologo, in questo articolo tratteremo la formazione degli operatori dell'Emergenza, di cui ho avuto esperienza diretta.
Lo Psicologo può formare operatori che lavorano in ambiti diversi.
Pensate ad esempio a chi interviene in un terremoto o a chi presta servizio nel soccorso stradale e deve poi comunicare il decesso delle persone coinvolte ai familiari, o ancora a chi deve placare risse, crisi, pianti...

In ognuna delle situazioni citate l'operatore deve possedere doti comunicative di un certo tipo, deve anche saper contenere e gestire situazioni complesse e delicate.
La formazione quindi è importante per tutte quelle figure professionali che si trovano a gestire situazioni particolari. A tal proposito la formazione degli operatori dell'emergenza risulta di fondamentale importanza.
Come dicevamo nel paragrafo precedente, essi sono competenti nelle abilità che riguardano la loro professionalità (pensiamo agli operatori che devono allestire un campo base dopo un evento calamitoso, il dover sistemare tende, etc.), ma a volte hanno difficoltà nel rapportarsi con le persone vittime di un evento calamitoso, come per esempio un terremoto.
A mio parere, una metodologia che risulta essere efficace è quella che prevede la mescolanza di teoria e pratica durante gli incontri di gruppo. Non lezioni accademiche a un pubblico silenzioso e attento, ma lezioni che prevedano un coinvolgimento da parte dei partecipanti.
Questa metodologia, infatti, permette di offrire uno spazio volto alla discussione e all'elaborazione, promuovendo uno scambio di esperienze e una crescita professionale.
Ritengo utile inoltre, durante la formazione, porre uno sguardo particolare rivolto agliaspetti emotivi degli operatori, che sono quelli che spesso arrivano prima al cuore di chi è in una situazione particolare.

La formazione dovrebbe essere strutturata in due parti:
1.              la prima relativa alle nozioni teoriche del tema che si andrà ad affrontare nel corso,
2.            la seconda parte deve essere più pratica e aperta allo scambio attraverso role playing, esercitazioni, lavori di gruppo.
Durante la formazione anche l'attenzione a piccole cose è fondamentale, come la disposizione delle sedie dei partecipanti in forma circolare in modo tale da potersi guardare l'un l'altro.
Una volta fissate le regole principali, che lo Psicologo cercherà sempre di far rispettare - come "parlare uno alla volta" e "alzare la mano per prendere la parola" - in base all'argomento della formazione darà degli input, per esempio:
·                 "Emozioni provate prima della partenza"
·                 "Rapporti con la cittadinanza"
·                 "Comunicazione del decesso"...
Quando un operatore porta la sua esperienza o un comportamento non consono con la situazione vissuta, è molto importante non "puntare il dito" su di lui (e questo dovrebbe essere evitato anche da parte degli altri partecipanti). È bene invece cercare di chiarire quale sarebbe stata la pratica migliore fornendo una spiegazione, e sostenendo comunque la persona per l'azione compiuta.
Gli aspetti positivi dati da una modalità "aperta" - più simile a una discussione che a una lezione accademica - sono una maggior partecipazione, coinvolgimento, condivisione di esperienze e scambio di consigli da parte dei partecipanti stessi. Ne vedremo un esempio nel prossimo paragrafo.
Tra gli aspetti negativi possono esservi il farsi travolgere eccessivamente dalle emozioni da parte dei partecipanti, facilitazione della critica dell'operato degli altri, possibilità che l'uno tolga spazio di parola all'altro.

Centro di Psicoterapia Familiare
 Fonte: humantrainer.com

Per maggiori info: SIPEM MARCHE