mercoledì 8 gennaio 2014

TERZA ETA'

L’ANZIANO E LO SPAZIO




L’innalzamento della vita media dei cittadini è una tendenza comune a numerosi Paesi sviluppati e presenta profili economici e sociali di grande rilievo.
Una parte degli anziani, tra i 65 e i 79 anni, è spesso autosufficiente e coloro che hanno redditi medi non hanno particolari difficoltà, soprattutto se vivono in famiglia, costituiscono una risorsa importante in quanto spesso dediti alla cura dei nipoti e all’assistenza dei familiari più anziani o disabili. Sempre più spesso sono coinvolti in attività di interesse sociale e costituiscono una risorsa importante nel volontariato.
Posto che l’Italia è il Paese dell’Unione Europea con la più alta aspettativa di vita, la situazione nazionale viene raffigurata in termini positivi, con qualche preoccupazione legata all’aumento della richiesta di servizi sociali connessa all’invecchiamento della popolazione.
Di fronte a questo fenomeno gli assetti sociali e le istituzioni risultano poco flessibili e mostrano uno scarso adattamento, spesso è presente un'insufficiente preparazione culturale.
Oggi una persona ultrasessantacinquenne, rispetto al passato, è generalmente molto più attiva, informata, attenta a se stessa e ai propri bisogni, ma non è cambiata la sua considerazione sociale, ancora fortemente legata a una certa rappresentazione stereotipata della fase conclusiva della vita (ricordi, fatica, solitudine, disabilità, sensazione di inutilità).
L'inevitabile riduzione delle capacità sensoriali, cognitive e prestazionali sono una premessa perché si crei, nell'interiorità psichica della persona anziana, una modificazione della percezione spaziale e dell'esperienza integrata di spazio e tempo.
Affrontare la tematica dell’anziano e delle interrelazioni che egli mantiene con l’ambiente significa dover trattare non solo di una esperienza soggettiva dello spazio, ma anche dover superare il pregiudizio che vede l’anziano unicamente come oggetto passivo del cambiamento.
Diverse rotture simultanee segnano il passaggio dall’età matura alla vecchiaia, queste intaccano necessariamente lo “spazio di vita” dell’individuo e  inducono a vivere in ambiti spaziali sempre più ristretti (es. quartiere, casa, stanza). Questo progressivo “ritiro” riguarda almeno tre livelli:
·        Il primo si riferisce al “macro-sistema-sociale”, in relazione alla perdita, da parte del soggetto, dello status precedente a causa del pensionamento.
·        Successivamente vi sono cambiamenti nel “medio-sistema ambientale”, dovuti alla minore possibilità di interscambio con amici e parenti.
·        Il terzo ambito, quello del “micro-sistema”, riguarda tutti quei cambiamenti nella vita privata dell’anziano che lo pongono in un ruolo diverso e a volte periferico nei confronti della famiglia: morte del coniuge, matrimonio dei figli…
Cause storiche, legate all’evoluzione socio-economica, possono venire chiamate in causa per spiegare l’isolamento dell’anziano, infatti è con l’avvento della società industriale che si comincia a parlare di terza età. Scompaiono con la famiglia patriarcale, tipica della società contadina, le caratteristiche di co-abitazione, con-vivenza e collaborazione (Baracco,1978).
Nella famiglia nucleare l’anziano si trova a vivere isolato dalla famiglia dei figli e  spesso in una condizione di solitudine in quanto la struttura sociale non è in grado di sopperire al bisogno di relazioni sociali, soprattutto quando vengono meno, con il pensionamento, quelle connesse con i luoghi di lavoro.
Il modello di vita della società industriale permette a malapena il mantenimento delle relazioni di vicinato, all’anziano non viene più riconosciuta una reale e attiva interazione con l’ambiente.
In termini di “spazio” l’anziano vede limitarsi sia il rapporto con lo “spazio sociale” mediante una diminuzione delle possibilità di interazione con gli altri, sia con lo “spazio abitativo” quando deve “scegliere” il ricovero in istituti.
La maggior parte degli anziani rifiuta la casa di riposo, ha scarso interesse verso la convivenza con i figli e tende al mantenimento della propria casa, anche di fronte a problemi di salute.
L’abitazione,rappresentando una continuità con il passato, riveste un’importanza decisiva sullo stile di vita di un anziano. Ogni spazio con il quale l’individuo viene a contatto diviene uno “spazio vissuto”, si può parlare di vere e proprie “mappe mentali” diverse per ogni individuo.
Quindi lo spazio non deve essere inteso astrattamente, ma come spazio vissuto, caricato di significati emozionali e di ricordi, sperimentato attraverso le azioni e il proprio corpo.
L'anziano chiudendosi allo spazio esterno ed assistendo alla senescenza del proprio corpo, incrocia una esperienza modificata di corporeità e di spazio-temporalità nella quale il tempo appare accorciato e gli spazi ridotti.
Vivere in uno spazio non vuol dire solo appartenervi fisicamente, ma modificarlo, determinarlo, in sostanza appropriarsene, realizzandosi nell'incontro con gli altri.
La spazialità deve quindi avere un "carattere affettivo " e permettere una possibilità relazionale.
Risulta quindi facilmente comprensibile la difficoltà della persona anziana ad adattarsi ai cambiamenti di abitazione, agli spostamenti d'ambiente o a semplici modificazioni della organizzazione della vita quotidiana.
Questa difficoltà nei confronti del cambiamento rivela il bisogno di abitare uno spazio familiare, non anonimo, circondato da consuetudini, usi ed oggetti che definiscano l'area di sicurezza ed il rispetto di sé stesso e della propria storia.
Lo spazio è quindi anche spazio di relazione ed interazione, particolarmente evidente nelle situazioni comunitarie.
L'atteggiamento nei confronti della persona anziana, anche da parte di chi è deputato a funzioni di assistenza, tende spesso a metterne in evidenza la parte deficitaria e malata, generando un rapporto poco paritario e di necessità, causa di frustrazione e di risentimento. Basti pensare al disinvolto uso del " tu " da parte del personale medico e alla eccessiva, dolorosa familiarità e disinvoltura con la quale vengono affrontate situazioni e tematiche emotivamente coinvolgenti, riguardanti il rispetto del proprio corpo, dell'intimità o dei propri segreti.
È possibile riscontrare un’analogia straordinaria nell'atteggiamento abitualmente mantenuto nei confronti dei soggetti disabili o dei pazienti psichiatrici e comprendiamo, quindi, come il ricovero per una causa “x” venga spesso vissuto e, di conseguenza rifiutato, come un esproprio totale della propria vita e della propria capacità decisionale, perdendo in maniera non reversibile la possibilità di autodeterminarsi e decidere rispetto al proprio codificato sistema di valori.
Risulta fondamentale, per la serenità dell’anziano, la creazione di uno spazio di “relazione”, formato dall’insieme delle persone che sono significativamente legate da vincoli affettivi.
Lo sviluppo di questo “spazio” può avere riscontro anche nel modo in cui viene progettato lo spazio abitativo, favorendo criteri mediante il quale il territorio individuale e il territorio di gruppo trovano il modo di incontrarsi e separarsi armonicamente.
La dimensione “pubblica” della condizione anziana diventa di grande importanza, poiché fino ad alcuni anni fa era unicamente collegata a interventi assistenziali.
La vecchiaia è tempo che passa, anzi che è passato, oppure tempo che manca, oppure è tempo perduto nel senso di non partecipato o ricordato, quasi non vissuto, ma è anche tempo scandito, determinato, rigido in certe organizzazioni di vita istituzionali.
Il tempo è tuttavia anche una delle possibilità della vecchiaia, tempo per riposare e per ricordare, per meditare, tempo per insegnare, per testimoniare, quindi non solo tempo come perdita, malinconia ed oblio, ma come ricchezza, potenzialità e sviluppo.
Pensare, o meglio ripensare al tempo ed allo spazio nella senilità, consente di scoprire e di riappropriarsi di forme e dimensioni di vita in altro modo inevitabilmente perdute, necessarie e feconde anche per chi si occupa di terapia ed assistenza alla persona anziana.
Consentire alla persona anziana di mantenere le proprie residue capacità decisionali, permetterà anche a chi se ne prende cura di non vivere in maniera totalizzante, onnipotente ed alla lunga eccessivamente gravosa, il rapporto con la persona anziana e con il suo bisogno di cura.
L'incontro con problematiche tanto complesse e coinvolgenti, quali quelle connesse all'invecchiamento richiede grande sensibilità, ma anche la consapevolezza di operare tenendo profondamente conto delle esigenze e delle progettualità dell'altro, anche quando queste paiano poco condivisibili, adoperando empatia e rispetto ed arrogandosi il meno possibile decisioni gravi, qualche volta in grado di sconvolgere la vita degli individui.

Dott. De Leonardis Gianfranco

Centro di Psicoterapia Familiare