martedì 4 febbraio 2014

PSICOSPORT

SPORT E SCARAMANZIA: IL LATO PSICOLOGICO


Come da definizione ufficialmente riconosciuta, la superstizione indica le credenze di natura irrazionale che possono influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che le fanno proprie, in particolare la credenza che gli eventi futuri siano influenzati da particolari comportamenti senza che vi sia una relazione causa-effetto.
La scaramanzia, di conseguenza,  può essere letta come una forma di superstizione la quale si manifesta attraverso frasi o gesti per attirare la buona sorte o allontanare gli eventi negativi. Soltanto in Italia, su cento persone più della metà ammette di far ricorso a gesti scaramantici in occasione di eventi di vita il cui esito è incerto; tuttavia bisogna considerare che si tratta di un fenomeno tutt’altro che ristretto alla nostra cultura, ma antico e radicato in tutte le culture del mondo, nonostante la condanna implicita dei tempi moderni.
Uno degli ambiti del quotidiano in cui si esprime maggiormente la tendenza a far ricorso a azioni scaramantiche è quello sportivo. Qui competizione, sfida e confronto in assenza di certezza, innalzano bruscamente i livelli di ansia legati alla prestazione e permettono che le reali capacità fisiche  e tecniche degli atleti vengano messe in secondo piano, sembra infatti che d’un tratto queste non bastino più per arrivare al traguardo.
Si assiste così alla creazione di veri e propri rituali innescati dal valore funzionale che lo sportivo dà ad un oggetto, a una frase, a un gesto presente durante una o più gare vincenti, inoltre, la casuale ripetizione nel tempo di una vittoria o di una buona prestazione associata al rito scaramantico convince l’atleta che le due cose siano imprescindibili. 
Molti campioni, all’interno di tutti gli ambiti sportivi esistenti, praticano dei rituali, insoliti, personalizzati, spesso unici. Dal calcio alla Formula 1, dal tennis alla Moto GP dove ad esempio uno dei gesti scaramantici più comuni tra tutti i piloti consiste nel non poggiare mai il casco per terra, nemmeno all’interno del box, per evitare che la stessa situazione possa verificarsi con una caduta. Loris Capirossi ha sempre preferito salire in sella dal lato destro della moto mentre “il Dottore” (Valentino Rossi) è solito compiere alcuni gesti metodici già all’interno del suo box prima di scendere in pista, toccandosi in sequenza le spalle, le mani e le gambe per poi dedicarsi all’attrezzatura che servirà a proteggerlo durante la corsa e, prima di entrare definitivamente in pista, si accuccia sempre alla destra della moto, in religioso silenzio quasi a raccomandarsi con lei.
Niki Lauda inseriva una monetina nei guanti, Felipe Massa indossa lo stesso paio di mutande per le qualifiche del sabato e per la gara della domenica dichiarando: "non è la superstizione a farmi vincere le corse, ma contribuisce a farmi sentire meglio".
Nel mondo del calcio può essere ricordato Pelè che ebbe un calo nella prestazione dopo aver regalato la sua maglia a un tifoso, difficoltà che lo portò a chiederne pubblicamente la restituzione; Maradona, che dopo la prima partita vinta ai Mondiali del 2010, pretese di ripetere un ricco e dettagliato rito propiziatorio andando a bordo campo con tutta la squadra per salutare i tifosi, facendosi fotografare con un membro dello staff tecnico argentino, telefonando poi alle figlie e, rientrato negli spogliatoi, facendosi portare una copia del giornale di 24 anni prima, che celebrava il secondo titolo mondiale vinto dalla sua Argentina. Solo successivamente scendeva in campo. Ma molti altri sono i personaggi di questo mondo che sono ricorsi alla questi mezzi, come non menzionare quindi il cappotto di Renzo Ulivieri, il rosario di Carlo Ancelotti quando sedeva sulla panchina del Milan,l'acqua santa di Giovanni Trapattonidurante i Mondiali di Corea ed i 26 kg di sale sparsi sul terreno di gioco di Pisa dal presidente Romeo Anconetani.
Questi rappresentativi esempi sono un mix di sacro e profano e rimarcano  l’importanza che assume il rito per gli sportivi, ma anche per i loro tifosi, i loro fan e i loro sostenitori i quali, che sia da bordo campo, dagli spalti o da davanti al televisore di casa, mantengono a loro volta i propri rituali esattamente con lo stesso scopo dei propri idoli sportivi. Una ricerca commissionata da Logitech ha dimostrato come in un campione di tifosi europei ad esempio il 65%dei maschi intervistati dichiara di sedersi sempre nello stesso punto del divano per evitare di portare sfortuna alla propria squadra, il 15% canta l'inno nazionale all'inizio di ogni partita mentre un uomo su dieci, ossia il 7%, indossa un capo di abbigliamento considerato un vero e proprio portafortuna.
Atleti e sostenitori superstiziosi condividono attraverso i rituali l’illusione di avere un controllo che apparentemente credono di non avere sull’esito della gara. Il vantaggio per l’atleta sta nel fatto che l’ansia viene placata, l’insicurezza sedata e l’individuo può dedicarsi alla concentrazione  e convogliare maggiore attenzione alla performance.
Il meccanismo di base che muove queste superstizioni non è il pensiero magico, quanto invece la credenza nella profezia auto avverante.  Secondo questa profezia, in assenza dell’oggetto o del rituale scelto e personalizzato  non si arriva alla vittoria o al raggiungimento di un obiettivo e tale pensiero influenza positivamente la prestazione tanto nello sportivo, quanto tutte le persone che affrontano le quotidiane prove di vita.
Basti pensare agli studenti universitari che, nella maggior parte dei casi, hanno un proprio rituale o un oggetto scaramantico da portare con sé in prossimità degli esami; più conosciuta è la “necessità” di cambiare strada qualora un gatto nero incroci il proprio cammino; è sconsigliabile passare sotto una scala aperta ed è fondamentale fare attenzione a non rompere gli specchi o ne patiranno ben sette anni della propria vita e di quella delle persone presenti in quel momento nella stanza.
L’andamento di una giornata è di per sé un evento stressante soprattutto se al suo interno vi è una prova da sostenere. L’impotenza, che deriva dall’esito sconosciuto di questo andamento, unita all’ansia legata dell’importanza che si restituisce all’evento atteso, crea la necessità di attribuire una parte di responsabilità a qualcuno o qualcosa al di fuori di noi. Ecco quindi che il portafortuna o il gesto scaramantico acquista importanza o addirittura diventa necessario.  Qualora l’esito positivo sia reiterato nel tempo, il valore scaramantico aumenta. Tutto ciò, però, non ha nulla di paranormale.
Lo sportivo che ha espletato il suo rituale o che porta addosso il suo oggetto portafortuna affronta con maggiore sicurezza la sua prova ed ha la possibilità di sentirsi sollevato da una parte del carico di responsabilità, il che gli permette di concentrarsi maggiormente su di sé e di conseguenza di migliorare la sua performance. È una questione di atteggiamento, quindi, con cui ci si appresta a fare qualcosa o vivere un momento, esattamente come l’evitare il gatto nero per strada dà una garanzia illusoria che tutto andrà bene per il resto della giornata, spingerà ad affrontare tutto in maniera più positiva e permetterà che la profezia auto avverante si adempia.
Non tutte le persone vivono di superstizioni, come è vero che chi invece conta su queste si muove su un continuum che va da un’influenza normale sulla vita quotidiana, ad un tratto patologico estremo che può sfociare in un Disturbo Ossessivo Compulsivo.
La scaramanzia, dunque,  ha dentro se stessa il concetto recondito che il controllo degli eventi della vita è sempre nelle nostre mani e si basa su ottimismo, sicurezza e convinzione nelle proprie capacità.

 Dott.ssa Ivana Siena