giovedì 20 novembre 2014

L'INTERVISTA

La dottoressa Ivana Siena ad Evento Abruzzo

La dottoressa  Ivana Siena, Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo Sistemico-Relazionale, fondatrice del Centro di Psicoterapia Familiare Pescara-Foggia, ha rilasciato un’intervista esclusiva ad Evento Abruzzo.


 L’intervista:

In che modo interpreti il lavoro: Professione? o Vocazione? Perché?

Il percorso formativo legato alla mia professione ha Sì origine da una “chiamata”. Non c’è, però, un essere supremo a farla, ma una serie di fattori legati alle problematiche che si vivono sin dalla nascita nella propria famiglia. Non mi riferisco a situazioni al limite, ma alle difficoltà che ogni Famiglia vive nel corso del proprio ciclo di vita e che, inevitabilmente, hanno risonanze su ognuno dei suoi membri. Queste difficoltà si legano a specifiche caratteristiche di personalità dell’individuo, alla predisposizione all’ascolto ed al personale grado di tolleranza della sofferenza, portando il futuro Psicologo a scegliere di investire in questo tipo di percorso universitario. Il passaggio alla Professione vera e propria arriva quando matura la consapevolezza che l’aiuto che si cerca per sé arriva attraverso quello che si è disposti a offrire all’Altro, e viceversa.

Come mai a tuo avviso i giovani d’oggi non riescono a divertirsi senza bere?

In una società degli eccessi come la nostra, ogni persona è in continuo confronto con il “tanto” ed il “troppo”.  Le energie psico-fisiche che vengono impiegate per restare al passo con i tempi possono essere circoscritte se l’obiettivo è di tipo materiale, ma meno gestibili se si entra nella sfera della realizzazione personale ed in quella delle relazioni sociali. “Insoddisfazione” è la parola chiave, oggi oseremmo dire il tag, che meglio delinea il sentimento di tristezza e la sensazione di vuoto che spesso attanagliano i giovani quando sono impegnati nella ricerca, apparentemente difficile, del proprio valore, della propria stima, così l’alcool diventa lo strumento d’elezione per NON pensare e NON sentire.

La famiglia d’origine può risultare davvero fondamentale nel processo di formazione di una persona? Perché?

La famiglia d’origine E’ fondamentale in questo processo. Tutto ciò che si è da adulti dipende da quello che coloro che ci hanno cresciuto si sono impegnati, più o meno volutamente, a tramandare. Spesso si tratta di messaggi impliciti, gesti, sguardi, brevi frasi i quali restano impressi dentro i figli, le quali saranno la mappa che indica la direzione, il “cosa fare” e “come farlo”. Questa mappa assomiglia ad un copione teatrale che può essere però modificato nel tempo, senza mai rifiutare la trama. Un albero senza le radici è destinato a non stare in piedi, ma a cadere. Lo stesso albero può essere trapiantato e vivere bene anche in altre condizioni diverse, purché non lo si privi delle sue radici.

Il benessere economico, talvolta provoca apatia e depressione, come spieghi questo fenomeno?

Il confronto continuo con dei modelli che incoraggiano “l’avere” piuttosto che “l’essere”, si scontra notevolmente con la realtà economicamente meno favorevole di talune persone. Ciò che provoca apatia e, nei casi più gravi, depressione è il “misurarsi” con l’altro, ma la stessa parola implica il sentirsi sconfitti in partenza. Ragionare per emulazione impedisce l’accettazione di ciò che si è o si è diventati, porta a polemizzare contro il fato perdendo di vista il proprio potere di cambiare le cose, se solo lo si vuole. Sentirsi meno fortunati diventa un alibi per restare nella passività e non crearsi alternative.

Che ruolo hanno assunto i  Social Network in una società come la nostra?
  
Mi viene in mente la parola Alter Ego, ossia l’altro Sé che ognuno vorrebbe essere. Credo che i Social Network rappresentino l’invenzione più ingegnosa degli ultimi tempi, ma anche la più penalizzante. Se da un lato attraverso questi si può esprimere se stessi nella totalità, perché protetti da uno schermo che impedisce il contatto oculare con le persone, dall’altro si trasforma la naturalezza delle relazioni vis à vis. Si tratta di un mezzo per esibire, comunicare, condividere e spesso giudicare, infatti si può affermare che, a tutti gli effetti, è un’arma e come tale può essere usata per proteggere o per ferire  gli altri, ma spesso si dimentica che il rischio più grande è rivolgerla verso se stessi.

In un momento di congiuntura economica come quello stiamo attraversando  che valenza possono assumere i sogni veri ed autentici?

A mio avviso i sogni sono tutti veri ed autentici, sono la rappresentazione paradossale della realtà, quella che si desidera e che spesso viene negata a se stessi. La riflessione sul “cosa” impedisce di realizzarli è un lavoro lungo e difficile, ma non impossibile.

 Matteo Sborgia